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domenica 10 marzo 2013

Il segreto di Paganini


Da Nicolò Paganini a Francesco Sfilio: la scuola ritrovata
Il 12 luglio 2000 il "Secolo XIX", quotidiano genovese, con un articolo di Giorgio de Martino annunciava la scoperta di un falegname, Giuseppe Gaccetta, che rimasto nel silenzio per oltre sessanta anni era in possesso di una tecnica violinistica che, insegnatagli dal suo Maestro Francesco Sfilio, affondava le sue radici fino a Nicolò Paganini.
Un'affermazione incredibile, destinata, come sempre accade in casi come questi a gettare luci e ombre su questa vicenda, se non fosse che a supporto di tutto ciò esiste un'incisione a dir poco strabiliante di nove capricci eseguiti da un poco più che diciassettenne Gaccetta nel 1931.
Nicolò Paganini

Egli stesso a questo proposito e riguardo alla sua vicenda dice: " 'I capricci' furono incisi per strada! In uno dei primi negozi di registrazione genovesi in Piazza della Meridiana. Passai davanti al negozio per caso (c'era un cartello con su scritto: " registrate la voce dei vostri cari") e il proprietario m'invitò a registrare qualcosa. Posso fare i Capricci di Paganini, dissi io. Lui allora mi portò davanti al rullo di cera ed io cominciai. Ne suonai nove, uno di seguito all'altro. Era il 1931. Dico che furono registrati per la strada perché, prima che l'incisione fosse ripulita, si poteva sentire, sullo sfondo, il rumore di un autobus che passava".
All'epoca Gaccetta studiava intensamente, fino a 12-13 ore al giorno. Nonostante quest'impegno e la coscienza dei traguardi raggiunti, non decise di completare il ciclo dei capricci: sarebbe stata la 1 ° incisione mondiale dell'intera serie (si tratta in ogni caso, per quanto riguarda i numeri 5,7,11,15,19, del documento discografico più antico). "Non potevo! Sfilio non voleva che nemmeno suonassi Paganini in pubblico, figuriamoci un disco. Di quest'incisione non seppe mai nulla".
Di Sfilio, le storie della musica e le garzantine non fanno cenno. Allievo di Camillo Sivori, era nato nel 1876 girò tutta l'Europa, come virtuoso e rivale di Sarasate, fino a 27 anni, quando la sua carriera fu stroncata da un improvvisa cecità causata da un glaucoma. Nel 1916 fu invitato dal comune di Sanremo ad aprire una scuola violinistica
. Fu amico intimo d'importanti musicisti dell'epoca fra cui Franco Alfano, Marinuzzi, Respighi, Saint Sains di cui esegui il suo terzo concerto per violino presente l'autore in sala. Nel 1937 pubblicò il metodo "Alta cultura di tecnica violinistica" dove vengono fissati nero su bianco quelli che egli ritiene siano i fondamenti della tecnica paganiniana, fino ad allora ignoti, che pressappoco negli stessi anni, Sfilio trasmette oralmente a Gaccetta. Nonostante gli apprezzamenti di Mano e Respighi, il metodo non convince gli addetti ai lavori e scatena violente polemiche: ne sono testimonianza alcuni articoli del 1937 pubblicati sul secolo XIX in cui Billè accademico di S. Cecilia polemizza con Sfilio riguardo la sua scoperta. Sfilio, però, ha ancora una carta da giocare. E non teorica, ma pratica: Giuseppe Gaccetta. Su di lui, che, grazie a quel metodo, in circa due anni di studio frenetico ha messo a punto una lettura dei capricci di Paganini di precisione tecnica assoluta e interpretativamente modernissima, l'allievo di Sivori punta per rinnovare la scuola violinistica italiana. Ma vuole fare esplodere la "bomba" al momento giusto. Da qui, il veto di eseguire in pubblico Paganini, che Gaccetta, eccettuata l'esecuzione casuale "per strada", non ha mai violato. Con il senno di poi, si può dire che quel ritardo imposto dall'alto fu fatale. Scoppiò la guerra. Nessuno, ovviamente, si preoccupò più del metodo di Sfilio (sulla cui cancellazione della storia della musica ha pesato non poco l'appartenenza al partito fascista), e il 25° Gaccetta, per motivi che possono sembrare incomprensibili a un 25° di oggi, rinuncia per sempre alla sua vocazione. Ma è lo stesso Gaccetta con memoria lucidissima, a ricostruire tutto, fin dal suo primo incontro con Sfilio. "Avevo studiato due anni con Venturini, che allora era la spalla dell'orchestra del Carlo Felice. Il suo insegnamento, però, non mi soddisfaceva. Decisi allora di andare a studiare da Hubay grande caposcuola ungherese. Ma, proprio mentre iniziavo le pratiche per ottenere il "visto", venni a sapere per caso che Sfilio si sarebbe trasferito a Genova dalla Francia. Un amico mi introdusse presso di lui. Alla prima lezione, Sfilio che all'epoca era già completamente cieco mi chiese di fargli sentire qualcosa, e io esegui il secondo studio di Kreutzer, per le molteplici varianti di colpi d'arco in esso contenuti. Alla fine mi parlò chiaro: "Giuseppe, tu sei stonato come un cane, non sai tenere il "violino, non sai tenere l'arco, non sai dare la pece". Fu però colpito dalla mia testardaggine. Allora mi propose un patto: mi diede due mesi di tempo. "Se al termine dei due mesi, disse, avrai superato la prova, (40 giorni circa di esercizi muti sulla tastiera del violino) avrai superato la prova, potrai dire di essere allievo di Sfilio, sennò, io e te non ci siamo mai conosciuti". Così cominciai. Fu faticoso, all'inizio, perché Sfilio mi faceva esercitare, come Paganini, con un peso legato al braccio destro. Dopo 40 giorni, mi fece rieseguire il secondo studio di Kreutzer. Suonai otto battute e mi fermai. Non riuscivo ad andare avanti: ero io il primo a essere sbalordito dei progressi compiuti in così poco tempo. Studiai con lui, in tutto, 22 mesi. Al termine dei quali avevo già in repertorio tutti i capricci di Paganini. Ma Sfilio mi proibì di eseguirli in pubblico. Voleva "tenermi buono" fino al 1940. Per quell'anno, Mussolini aveva indetto grandi manifestazioni musicali a Genova a cui avrebbero dovuto prendere parte alcuni dei più grandi violinisti dell'epoca: si parlava di Heifetz, Millstein, il giovane Menuhin e io, che anche se ignoto avrei dovuto rappresentare l'Italia. Tra l'altro la data del 1940 avrebbe coinciso col centenario della morte di Paganini e il probabile ritorno nella sua città, della salma del grande violinista, cosa questa voluta sempre da Mussolini. Ma poi scoppiò la guerra e dopo un anno, smisi di studiare. Fui costretto per ragioni finanziarie. Dovevo pensare alla mia famiglia. Misi il violino nella custodia, dissi basta, e non lo impugnai mai più".
Fin qui, quello che può dirsi anche se raccontato succintamente una storia a dir poco rocambo1esca che potrebbe essere a buon diritto un soggetto da film. Ma ciò che ora può essere interessante è il cercare di spiegare in cosa consistesse questo particolare insegnamento di F. Sfilio che gli faceva affermare di aver messo per iscritto se non tutti, sicuramente gran parte dei metodi tecnici adottati da Paganini per lo studio del violino. L'intento dichiarato del maestro era quello di rendere accessibile a tutti, diversi per capacità, lo studio di questo strumento, individuando nella diversa posizione e in una serie di esercizi che hanno per loro base il semitono la chiave per facilitarne l'apprendimento.
In un breve capitolo del suo libro "Alta cultura di tecnica violinistica", intitolato "Il segreto di Paganini", egli indica in modo riassuntivo quelli che ritiene siano gli elementi fondanti il metodo paganiniano. Vale la pena riportarlo per intero e poi approfondirne, per ciò che è possibile in questa sede, i vari aspetti.
Il segreto di Paganini
Riepilogando, il segreto di Paganini non consiste in un solo ritrovato ma nel complesso di vari sistemi che costituivano il suo modo di suonare personalissimo e allora considerato trascendentale. Cioè:
  1. Il localizzare ogni esercizio di forza nel braccio, che egli appoggiava fortemente al corpo lasciando completamente libera la mano e leggere e sciolte le dita (il tenere la spalla sinistra alta non aveva per questa ragione alcuna influenza speciale);
  2. L'uso del tatto per la sicurezza dell'intonazione;
  3. L'uso per le progressioni cromatiche della diteggiatura rivelata dalla sua scala, e cioè sempre della successione delle dita consecutive;
  4. L'uso del piegamento del polso per il passaggio di posizione;
  5. L'estensione e lo scarto delle dita consecutive.
  1. Il paragrafo ci porta a parlare della posizione e della tenuta del violino. Si sa che Paganini, teneva il braccio sinistro fortemente appoggiato al torace e all'addome (oltre alle numerose caricature, di questo ce ne parla anche Carl Guhr direttore e violinista che lo aveva seguito per lungo tempo) e questo per poter liberare la mano e avere cosi leggere e sciolte le dita. Ma il tenere il braccio accostato al corpo porta inevitabilmente a girare il violino verso l'interno chiudendo la posizione di circa 20-30 gradi rispetto a quello che si usa oggi. E' quindi una posizione "chiusa" che converge verso il centro e non una posizione "aperta" lontana dal corpo. Il violino è cosi sostenuto senza spalliera dalla clavicola e dalla spalla lungo il bordo delle fasce dello strumento, con il naso che diviene una sorta di mirino puntato sulla tastiera. Tutta la forza di sostegno dello strumento sarà fatta dalla parte superiore del braccio accostato al torace. Per quanto riguarda l'arco invece esso sarà sostenuto dal pollice posto sotto la bacchetta e in posizione diagonale, cioè con l'unghia posta in diagonale, che sarà così una sorte di punto di bilancia fra indice e mignolo per operare tutti i giri di corda necessari all'esecuzione. Il braccio dovrà essere alla stessa altezza della spalla e l'arco verrà tirato in due movimenti principali; dall'articolazione della spalla al gomito il primo terzo e dal gomito fino alla punta gli altri due terzi. Esso dovrà essere tirato sempre con leggerezza e a questo scopo viene consigliato uno studio particolare, tirandolo ad un cm di distanza dalla corda, quindi senza suonare, con un peso di circa 2 Kg attaccati al braccio, per non più di 2 o tre minuti e questo per rafforzarne la parte superiore che non dovrà essere mai abbandonata nel suonare. Lo stesso esercizio del peso è valido anche per il braccio sinistro e lo scopo per entrambe le parti è vincere la forza di gravità.
  2. Il secondo punto riguarda la sensibilità che le dita della mano sinistra devono acquistare nel premere la corda. A questo aspetto Sfilio, che rimase cieco ad appena 27 anni, da molta importanza affermando ripetutamente che la pressione delle dita sulla corda deve essere minima, addirittura cercando di raggiungere l'obiettivo di non abbassarle del tutto sulla tastiera. Dunque una sensibilità dei polpastrelli da ciechi resa possibile da un costante studio di esercizi muti di digito-pressione, cioè di abbassamento verticale delle corde con ritmi di duine terzine quartine ecc. da eseguirsi con poca pressione con un singolo dito e anche per intervalli di 3°, 4°, 6°, 8°, 10° senza raggiungere la tastiera. Questi esercizi fatti per non più di mezz'ora al giorno saranno poi un'utile preparazione al vibrato che Sfilio esegue unendo al movimento verticale un leggero movimento orizzontale attraverso l'uso del polso e al trillo del quale indicherà ulteriori modi di studio nel suo libro.
  3. Il terzo punto ci porta a considerare quella che è una delle colonne portanti di questo edificio: il cromatismo, su cui viene impostato fin dalle prime lezioni il principiante. Lo sviluppo di tutti gli esercizi che compongono questo aspetto fondante della tecnica si trovano nell'altro volume "Nuova scuola Violinistica italiana" e hanno alla loro base l'analisi che Sfilio ha fatto dell'autografo della "Scala di Paganini" di Breslavia del 3 agosto 1829. Si tratta di una scala cromatica di La M. dove Paganini, dopo la prima nota La col primo dito in IV corda, scrive anziché La diesis, Si bemolle facendo cosi intendere di voler mettere il secondo dito e non il primo strisciandolo; da qui in poi tutte le note successive si sviluppano con dita conseguenti, cioè primo dito IV corda La naturale, secondo dito Si bemolle terzo dito Si naturale, primo dito Do naturale, secondo dito Do diesis, terzo dito Re naturale Quarto dito Re diesis, allungamento indietro del primo dito sulla III corda sul Mi e si ricomincia. Quindi la diteggiatura sulle prime tre corde è 123-1234, e sulla corda Mi 123-123 fino ad arrivare al La della terza o quarta ottava della scala tenendo il pollice fermo possibilmente in terza posizione come faceva Paganini (è sempre Guhr a raccontarcelo) e col movimento di cambio della posizione piegando il polso e non l'avambraccio che se mai seguirà il polso nel movimento ascendente lungo il manico. Da questo Sfilio sviluppa una quantità sorprendente di esercizi cromatici con movimenti di un solo dito (1°2°3°4°) e con intervalli diversi di 3° 4° 6° 8° 10° sempre facendo il cambio di posizione col polso e raccomandando di studiare le corde doppie cromaticamente anche diteggiandole. Questo aspetto della diteggiatura del cromatismo è fondamentale se posto in relazione col movimento del cambio di posizione.
  4. Giungiamo così al punto 4. La mano sinistra sul manico del violino è come quella di un chitarrista e Paganini lo era, cioè col polpastrello del pollice quasi sotto il manico e il palmo della mano rivolto verso la tastiera in modo da avere le note già pronte. In pratica la posizione del violino è quella di un'ideale chitarra rovesciata sulla clavicola con una posizione chiusa, come vediamo dalle caricature che di Paganini ci sono pervenute. Il pollice inizialmente viene impiantato in 1 ° Pos. ma successivamente può essere dislocato fino in 3° Pos.. Il cambio di posizione si effettua comunque dal polso e a pollice fermo. Tutto questo unito al principio del cromatismo e della digito-pressione oltre che alla posizione, genera una combinazione di fattori che rendono più agile lo studio del violino.
  5. E qui giungiamo all'ultimo punto: l'estensione e lo scarto delle dita consecutive. Si tratta di tutta una serie di esercizi che prevedono l'allungamento delle dita attraverso un movimento di loro divaricazione sul metacarpo, e a questo scopo Sfilio indica svariati esercizi di cui uno per tutti è quello che prescrive di fare intervalli di 3° con dita conseguenti (1 2-2 3-3 4) su una corda sola per esempio partendo dal Do in IV corda a salire. Quindi una sorta di stretching che unito anch'esso al modo di fare i cambi di posizione crea ulteriori vantaggi. Questi esercizi che Sfilio sviluppa facendo studiare in modo particolare anche 8° diteggiate e 10° mi hanno fatto riflettere sulla famosa immagine dei 4 Mi di Paganini. Che senso avrebbe avuto mostrare di poter prendere 4 Mi con dita conseguenti se non quella, penso io, di mostrare un'ulteriore possibilità di muoversi lungo la tastiera per allungamenti appunto di cui i 4 Mi rappresentano l'apertura estrema, e indicando cosi oltre tutto la corretta posizione del braccio sinistro che in questo modo è costretto a stare rivolto verso l'interno e sotto il violino. Quindi come quella della scala cromatica di La 11 anche questa è un immagine simbolo e sappiamo che un simbolo è come un geroglifico che se decodificato svela una quantità di contenuti mai prima sospettati.
A Sfilio quindi il merito di aver compiuto quest'opera avendo come supporto oltre che la sua acuta capacità d'indagine, le preziose nozioni apprese dall'insegnamento di Sivori e che poi sviluppate egli ha messo a disposizione di tutti scrivendo questi due libri.
Si sono svolti diversi seminari in Italia per presentare questo metodo e fra gli altri uno presso il Conservatorio "A. Boito" di Parma e un altro a Vittorio Veneto presso la sede del concorso suscitando sempre consensi e interesse per questa nuova antica scuola.
Attualmente il conservatorio Nicolò Paganini di Genova si sta interessando nella persona del suo Direttore Angelo Guaragna, di creare la possibilità per un insegnamento presso la sua sede e a Genova è anche attiva una Fondazione intitolata a F. Sfilio voluta dal suo allievo G. Gaccetta e presieduta da Giulio Franzetti. Sono stati recentemente pubblicate la ristampa dei due volumi "Alta cultura di tecnica violinistica" e "Nuova scuola violinistica italiana" con la collaborazione della casa editrice milanese Zecchini (editrice della rivista Musica); ilI primo in due lingue (italiano e inglese) il secondo in cinque lingue (italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo) similmente al Sevcik.
E' nostra speranza che un lavoro cosi importante possa essere in futuro divulgato rendendo cosi nuovamente vivente un'eredità tanto preziosa.
Giuseppe Gaccetta

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